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Dgls 102/2014 – UNI EN 834 – UNI 10200:2015

Con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 102/2014 la contabilizzazione è stata resa obbligatoria per tutti gli edifici dotati di impianto di riscaldamento centralizzato entro il 31.12.2016. La normativa richiama l’obbligo dell’installazione dei sistemi di contabilizzazione individuale sul singolo corpo scaldante, tramite l’utilizzo dei dispositivi ripartitore, al comma 5 lettera c dell’art. 9: “c) nei casi in cui l’uso di contatori individuali non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini di costi, per la misura del riscaldamento si ricorre all’installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali per misurare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun radiatore posto all’interno delle unità immobiliari dei condomini o degli edifici polifunzionali, secondo quanto previsto dalla norma UNI EN 834, con esclusione di quelli situati negli spazi comuni degli edifici….”

Alla lettera successiva viene indicato il metodo da applicare per la suddivisione delle spese di riscaldamento. “d) quando i condomini sono alimentati dal teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento degli appartamenti e delle aree comuni, qualora le scale e i corridoi siano dotati di radiatori, e all’uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l’importo complessivo deve essere suddiviso in relazione agli effettivi prelievi volontari di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell’impianto, secondo quanto previsto dalla norma tecnica UNI 10200 e successivi aggiornamenti.

      È fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi di cui al presente comma, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà.” In merito all’ultimo punto, la Regione Lombardia in una lettera di risposta ad una nota del collegio periti di Milano (luglio 2015) riporta quanto segue: “Poiché l’applicazione del nuovo sistema di riparto dei costi può decorrere dalla seconda stagione termica successiva a quella di installazione, il termine ultimo per mantenere il vecchio sistema è il 31.7.2018, dato che in Lombardia la stagione termica decorre dal 1 agosto al 31 luglio dell’anno successivo. Conseguentemente, il nuovo sistema di riparto dei costi deve essere applicato: nel caso di installazione prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 102/2014, a decorrere dal primo agosto 2015 (inizio stagione termica 1 agosto 2015 – 31 luglio 2016); nel caso di installazione dopo il primo agosto 2016 (il termine ultimo previsto è il 31.12.2016), a decorrere dal primo agosto 2018 (inizio stagione termica 1 agosto 2019 – 31 luglio 2019) .

     ” E’ opportuno evidenziare come la ripartizione delle spese deve essere effettuata in conformità a quanto previsto dalla norma tecnica UNI 10200, resa cogente dal decreto stesso, comportando l’obbligo del progetto per la contabilizzazione per la determinazione dei fabbisogni energetici dell’edificio e dei singoli alloggi nonché per la determinazione della effettiva potenza termica installata. Più in dettaglio il nuovo criterio di riparto ai sensi della UNI 10200 prevede: 1) la «quota a consumo», precisamente il prelievo volontario, composta dalla quantità di calore prelevata da ciascun radiatore. E’ importante far notare che sia la legge, sia la norma UNI non fanno alcun riferimento ai coefficienti correttivi, i quali servirebbero a compensare le maggiori dispersioni di alcune unità immobiliari. In base ai coefficienti, se applicati, di fatto il consumo degli appartamenti maggiormente esposti verrebbero compensati da quelli meno esposti rendendo inefficacie la contabilizzazione. 2) la «quota fissa», precisamente il prelievo involontario o, meglio, la spesa per potenza termica impegnata, che dovrà essere ripartita sulla base della nuova tabella millesimale calcolata dal tecnico specializzato. Con questa voce vanno ripartite le spese delle dispersioni di calore della rete di distribuzione dalla caldaia sino all’ingresso degli appartamenti, del terzo responsabile, dell’energia elettrica e della manutenzione ordinaria.

     La norma UNI 10200 attualmente in vigore è la versione pubblicata nello scorso giugno 2015. Riguardo alla nuova norma il CTI ha evidenziato con una nota le principali modifiche, in particolare sono state sospese alcune parti del testo della precedente versione che potevano creare problemi interpretativi soprattutto in relazione alla EN 834. I due punti principali introdotti nella UNI 10200:2015 riguardano: la possibilità di utilizzare ripartitori che non siano programmati in chiaro, ovvero che non mostrino sul display il reale valore di consumo calcolato dal dispositivo in base alla potenza del corpo scaldante. La compatibilità del metodo per la determinazione della potenza del corpo scaldante previsto dalla EN 834 (potenza termica utili dell’elemento scaldante secondo EN 442) con quanto richiesto dalla stessa 10200. In particolare per evitare che il metodo suggerito dalla norma fosse interpretato come elemento di contrasto tra UNI 10200 ed EN 834 è stata cancellata la frase di cui a secondo trattino del punto D.1 dell’appendice D: “la programmazione dei ripartitori, ai fini del progetto dell’impianto di contabilizzazione indiretta” al fine di consentire la scelta della metodologia più opportuna come richiesto dalla UNI EN 834.

I costi per la pulizia e l’illuminazione

Come spesso accade in giurisprudenza, nella quale una particolare ipotesi riceve una maggiore attenzione (naturalmente, anche a causa della litigiosità sul punto dei condomini), il caso della ripartizione delle spese per la pulizia e per l’illuminazione delle scale è stato oggetto di più di una pronuncia, anche di legittimità.

La problematica ha visto le differenti posizioni dibattere sulla questione ella ricomprensione, o meno, dei costi per la pulizia o per l’illuminazione nella categoria delle spese di “manutenzione e ricostruzione) di cui all’art. 1124 c.c., quindi della loro ripartizione in base al relativo criterio (metà per proprietà, metà per altezza).

Sul punto si è evidenziato, che, nel caso della pulizia e dell’illuminazione, ci si trova di fronte a una duplice funzione di tali servizi comuni, con conseguenti effetti sulla relativa ripartizione delle spese.  In effetti, la pulizia e l’illuminazione non vengono certamente effettuare a scopi di manutenzione o di ricostruzione, ma attengono all’utilizzazione del bene o alla sua sicurezza.

A fronte di tale ragionamento, però, le pronunce non sono riuscite a sintetizzare le loro interpretazioni in un’unica soluzione, lasciando gli operatori del settore privi della concreta individuazione di un unico criterio di ripartizione di tale tipologia di spese.

Infatti, alcune sentenze affermano l’applicazione contemporanea e coordinata degli artt. 1123 e 1124 c.c. Cass. 19 febbraio 1993 n. 2018), altre del solo comma 2 dell’art. 1123 c.c. (che prevede una ripartizione in ragione dell’utilità; cioè, dell’altezza) (Cass. 3 ottobre 1996 n. 8657), altre ancora del solo art. 1124 c.c. (e, quindi, con pedissequa applicazione del criterio misto millesimi/altezza) (Cass. 24 gennaio 2001 n. 971; Cass. 25 marzo 1970 n. 801).

Più recentemente la Suprema Corte, superando tali richiamati orientamenti, ha affermato che, nella ripartizione di tali spese, va esclusa l’applicazione del criterio di cui all’art. 1124 c.c., dovendosi utilizzare solo il criterio proporzionale dell’altezza dal suolo di ciascun piano o porzione di piano a cui le scale servono (Cass. 12 gennaio 2007, n. 432).

Si tratta di una problematica che, come illustrato, davvero non riesce a trovare una risposta uniforme, anche se, sotto altro aspetto, può quanto meno dirsi fondata l’affermazione per cui tale tipologia di spese si collega ad una duplice funzione. Da tale accertata funzione, quindi, dovrebbe discendere una ripartizione anch’essa duplice, che consideri la valenza contemporaneamente condominiale ed esclusiva dell’utilità fornita. Nel concreto, parte a millesimi e parte per altezza.

La professione di amministratore

L’amministratore è, a oggi, un professionista ai sensi della legge 4/2013. E’ il legale rappresentante del condominio nei rapporti con i terzi e in giudizio. La riforma (legge 220/2012) ha previsto requisiti molto chiari. Possono svolgere l’attività di amministratore di condominio colore che:

  • godono dei diritti civili; assenza di condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio, assenza di misure di prevenzione divenute definitive, di interdizione e inabilitazione e di protesti;
  • requisiti di “professionalità” (diploma di scuola secondaria, frequentazione di un corso, svolgimento di un’attività di formazione).

La legge 220/2012 autorizza anche le società a svolgere l’incarico di amministratore di condominio. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi. Non possono invece ricoprire tale incarico le società cooperative.

L’amministratore nominato dopo l’entrata in vigore della riforma, in assenza di revoca, si vede rinnovato l’incarico di un anno alla scadenza del primo.

Il condominio diventa tecnologico

I condomini, con una deliberazione assembleare che riunisca la maggioranza di cui al secondo comma dell’art. 1136 c.c. (maggioranza dei condomini intervenuti all’assemblea che, a loro volta, rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio), possono fare in modo che l’amministratore attivi un sito internet del condominio, in modo da consentire agli aventi diritto di consultare ed estrarre copia in formato digitale dei documenti relativi all’amministrazione del condominio.

Le spese per l’attivazione e la gestione del sito internet sono ovviamente poste a carico dei condomini.

C’è però un’alternativa che appare più comoda ed economica, ovvero quella che sia ogni amministratore condominiale ad attivare un proprio sito internet, attraverso il quale ogni condomino può consultare la documentazione relativa al proprio condominio, ovviamente in maniera protetta tramite utilizzo di apposite credenziali di autenticazione.

 

Il rendiconto

L’amministratore ha l’obbligo di rendere il conto della sua gestione alla fine del suo mandato annuale della gestione. Egli deve inoltre convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni.

Il rendiconto si compone di:

  • un registro di contabilità (dove si annotano in ordine cronologico, entro trenta giorni, i singoli movimenti in entrata e in uscita),
  • un riepilogo finanziario (entrate/uscite con avanzo o disavanzo di cassa),
  • una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione dei rapporti in corso e delle questioni pendenti e dello stato patrimoniale nel quale evidenziare i debiti e i crediti, i fondi disponibili ed eventuali riserve.

L’amministratore ha l’obbligo di far transitare le somme ricevute a qualunque titolo, dai condomini o da terzi, su uno specifico conto corrente intestato al condominio.

Il rendiconto deve essere approvato dall’assemblea con il quorum di cui all’articolo 1136, comma 2 del codice civile in prima convocazione e (terzo comma) in seconda convocazione. Con lo  stesso quorum deliberativo l’assemblea approva lo stato di ripartizione delle spese che evidenzia i saldi attivi e negativi di fine gestione di ciascun condomino. Tale prospetto è necessario per ottenere il decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo. A tal proposito, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzata delle somme dovute dagli obbligati, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.

L’assemblea condominiale può nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, comma 2 del codice civile e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà generale.

 

Deleghe

Ogni condomino può intervenire all’assemblea a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta. Se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e dei millesimi. All’amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea.

La delega può essere spedita via posta, meglio se raccomandata, oppure inoltrata a mezzo mail o fax, oltre che consegnata a mani al delegato.

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